Mi piace lavorare en plein air, lasciando che sia la luce naturale ad avvolgere il set che ho scelto per il mio soggetto. Mi guardo intorno fino a sentire dentro di me l'armonia e la bellezza dell'insieme. Poi guardo nell'obiettivo. Lo scatto arriva da solo. Non improvvisato, ma leggero, senza forzature né costruzioni. E' lo scatto che avevo già immaginato di fare. Complici i discorsi, le chiacchierate, il tempo come sempre passato insieme alla persona da fotografare prima di mettermi all'opera. Per riconoscere al volo e catturare, qui e adesso, un'emozione reale e non la sua recita o il suo stereotipo.  

All'opposto si collocano le foto di Cuba.... Nel delirio colorato delle strade dell'Avana, “sol, son y ron” mi guida solo l' istinto. Nessuna consapevolezza. Con il rischio che ogni fotografo teme più di ogni altra cosa: il folclore. Lì per lì non ricordavo neanche cosa avessi scattato: troppo veloce, troppe emozioni belle e brutte insieme. Oggi so che il mio occhio di vetro ha visto più cose di me. E il piacere è grande.